Premio Strega 2025: la cinquina finale tra memoria, relazioni e identità
Il 4 giugno, dal palco suggestivo del Teatro Romano di Benevento, è stata annunciata la cinquina finalista del Premio Strega 2025, selezionata tra i dodici candidati in gara. Come da tradizione, la proclamazione si è svolta davanti a pubblico, giornalisti, editori e lettori, mentre lo sguardo già si sposta alla serata conclusiva: il 3 luglio a Roma, nella consueta cornice del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, conosceremo il nome del vincitore.
Cinque libri, cinque autori, cinque sguardi diversi su un’Italia che cambia, si racconta e si interroga. Ma soprattutto una cinquina che, più delle precedenti, sembra sintonizzarsi su un’urgenza comune: quella di dare voce alle relazioni che ci formano, ci feriscono, ci salvano. Famiglie, madri, padri, lutti, ritorni, ricordi: l’edizione 2025 del Premio Strega è profondamente umana, profondamente narrativa.
Andrea Bajani – L’anniversario (Feltrinelli)
Con 280 voti, guida la classifica Andrea Bajani, già vincitore del Premio Strega Giovani e autore tra i più raffinati della sua generazione. L’anniversario è un romanzo intimo e implacabile, che affronta il rapporto tra un figlio e una madre anaffettiva e manipolatrice. Il protagonista si trova a ricordare, ripercorrere e infine chiudere i conti con la figura materna, durante un viaggio quasi metafisico verso una consapevolezza dolorosa: che si può – e a volte si deve – interrompere un legame di sangue per sopravvivere.
Bajani sceglie una scrittura essenziale, misurata, ma capace di lacerare. È un libro che non fa sconti, che chiede al lettore di restare, anche quando il dolore prende il sopravvento. Ma proprio per questo, L’anniversario si è imposto come uno dei titoli più potenti della stagione editoriale.
Nadia Terranova – Quello che so di te (Guanda)
Con 226 voti, Nadia Terranova torna in cinquina dopo il successo di Addio fantasmi. Il suo nuovo romanzo è un viaggio nella memoria genealogica femminile: la protagonista, Giulia, psichiatra, indaga sul destino della bisnonna Venera, internata in un manicomio nel 1928. Da questa figura silenziata e rimossa si apre una riflessione sull’identità, la malattia mentale, il corpo femminile e la trasmissione del trauma.
Il merito di Terranova è quello di riuscire a unire introspezione e ricerca storica, con una scrittura poetica e intensa che scava nella psiche e nel passato. Un’opera che parla al presente pur guardando indietro, chiedendosi quanto le storie non dette influenzino le vite delle donne di oggi.
Elisabetta Rasy – Perduto è questo mare (Rizzoli)
Terza con 205 voti, Elisabetta Rasy porta in finale un romanzo denso di riferimenti culturali e lirismo. Ambientato nella Napoli del dopoguerra, il libro è un lungo dialogo interiore con la figura paterna, scatenato dalla notizia della morte dello scrittore Raffaele La Capria. Rasy rievoca una città perduta e luminosa, ma anche i non detti, le fratture e i legami complessi tra padri e figlie.
Non è solo un romanzo autobiografico o memoriale: è anche una riflessione su cosa significhi appartenere a un luogo, a una lingua, a un’epoca che si dissolve. Perduto è questo mare è forse il libro più classico della cinquina per impostazione, ma è attraversato da una malinconia contemporanea che lo rende attuale.
Paolo Nori – Chiudo la porta e urlo (Mondadori)
Con 180 voti, a pari merito con Michele Ruol, Paolo Nori conferma la sua originalità linguistica e narrativa. Il libro è un omaggio dichiarato a Raffaello Baldini, poeta romagnolo, e fonde memoria personale, ironia e dolore. Nori scrive in modo inconfondibile: paratassi, ritmo, giochi linguistici, intermittenze tra poesia e racconto.
Chiudo la porta e urlo non è un romanzo canonico: è una dichiarazione d’amore per la parola, per il potere della lingua nel trattenere ciò che passa, per la capacità della scrittura di tenere insieme disperazione e bellezza. È un libro che si legge ad alta voce, che cerca il suono più che la trama, e che rappresenta l’opzione più sperimentale della cinquina.
Michele Ruol – Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia (TerraRossa)
Esordiente assoluto e autore di una delle rivelazioni dell’anno, Michele Ruol conquista la cinquina con 180 voti. Il suo romanzo, pubblicato dalla piccola ma agguerrita casa editrice TerraRossa, racconta il dolore lacerante di una famiglia dopo la morte improvvisa della figlia. Medico anestesista nella vita, Ruol affronta il tema del lutto con una precisione chirurgica e un’empatia sconvolgente.
Il libro si presenta come un inventario – non solo nel titolo ma nella struttura – di tutto ciò che resta dopo una tragedia: oggetti, parole, assenze, omissioni. Un romanzo che ha colpito per la sua asciuttezza e per la forza con cui riesce a trasformare il vuoto in narrazione.
Temi e tendenze di un’edizione compatta e potente
L’edizione 2025 del Premio Strega racconta molto del momento storico in cui viviamo. I romanzi selezionati non parlano di grandi eventi, ma di microstorie cariche di intensità emotiva. Le famiglie sono il teatro di ogni conflitto, l’eredità affettiva il nodo che lega le generazioni, il dolore e la memoria i campi di battaglia.
Colpisce anche l’equilibrio tra editori: accanto ai colossi come Feltrinelli e Mondadori, trova spazio TerraRossa, una realtà indipendente che da anni si distingue per coraggio e visione. La parità tra voci maschili e femminili è netta, e il livello qualitativo generale altissimo. Non ci sono “nomi a effetto”, ma scritture che reggono il tempo e la rilettura.
Verso la finale del 3 luglio
Ora, tutte le attenzioni si concentrano sulla serata del 3 luglio, quando i 660 votanti – tra giurati storici, lettori forti, circoli, scuole, istituti italiani all’estero – saranno chiamati a eleggere il vincitore del Premio Strega 2025.
Chi trionferà? Andrea Bajani parte da favorito, forte del consenso già espresso al Premio Strega Giovani. Ma Nadia Terranova è da tempo tra le voci più autorevoli della letteratura italiana contemporanea. Elisabetta Rasy ha dalla sua l’esperienza e una scrittura colta, Paolo Nori ha il pubblico affezionato dei lettori forti, mentre Michele Ruol rappresenta il potenziale colpo di scena: la vittoria della scrittura come verità e urgenza.
Qualunque sarà l’esito, questa cinquina ha già vinto qualcosa di più: l’attenzione di un pubblico che, in un’epoca frenetica e distratta, ha ancora voglia di fermarsi, leggere, ascoltare.
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