Milano si Trasforma in un Laboratorio Creativo
Come ogni primavera, Milano si è trasformata in un grande laboratorio a cielo aperto. Ma quest’anno, la Design Week 2025 ha superato ogni aspettativa, proiettando la città in una dimensione ancora più internazionale, visionaria e partecipata. Dal 7 al 13 aprile, la capitale lombarda ha ospitato una straordinaria celebrazione della creatività, dell’innovazione e dell’intelligenza progettuale, coinvolgendo non solo i professionisti del settore, ma anche un pubblico vasto ed eterogeneo, affascinato dalla capacità del design di incidere sulla vita quotidiana, sulle relazioni umane, sui ritmi delle città e sugli equilibri ambientali.
Il Fuorisalone: Un Evento Diffuso e Coinvolgente
La Settimana del Design non è semplicemente una fiera o una vetrina commerciale. È un rituale urbano, un evento diffuso che ha saputo trasformare le vie, i cortili, le gallerie e persino le fabbriche dismesse in spazi di riflessione e bellezza. Il Salone del Mobile, all’interno dei padiglioni della Fiera di Rho, ha offerto un concentrato impeccabile di tendenze e linguaggi progettuali, ma è nel Fuorisalone che Milano ha dato davvero il meglio di sé. Quartieri come Brera, Tortona, Isola, Porta Venezia, 5Vie e Bovisa si sono animati in modo sorprendente, ognuno con un’identità ben riconoscibile e con una programmazione pensata per coinvolgere, emozionare, lasciare un segno.
Temi Emergenti: Tecnologia, Sostenibilità e Meraviglia
L’edizione 2025 è stata attraversata da un filo conduttore potente, non dichiarato ma evidente: l’urgenza di ripensare il rapporto tra umano e tecnologico, tra materia e memoria, tra natura e artificio. Si è parlato molto di intelligenza artificiale, di sostenibilità non come slogan ma come pratica concreta, di artigianato digitale, di rigenerazione urbana. E soprattutto, si è respirato un desiderio quasi epidermico di meraviglia, di stupore, di quella “poesia del progetto” che solo il design – quando è vero, quando è necessario – sa generare.
Installazioni che Fondono Arte e Tecnologia
Nel cuore di questa narrazione diffusa si sono distinte alcune installazioni capaci di fondere arte e tecnologia con una forza visiva e concettuale straordinaria. Fra queste, la “Library of Light” di Es Devlin, allestita nella Pinacoteca di Brera, ha lasciato un segno indelebile: una struttura circolare alta diciotto metri composta da migliaia di libri illuminati, al cui interno le voci di attori e scienziati – tra cui Benedict Cumberbatch e Carlo Rovelli – narravano testi e riflessioni sul tempo, creando un’atmosfera sospesa e ipnotica.
Sempre sul tema della luce, Google ha presentato a Garage 21 l’installazione “Making the Invisible Visible”, un’esperienza immersiva in cui l’interazione tra suono, luce e spazio dava forma a concetti astratti, rendendo tangibile l’energia invisibile che attraversa le nostre vite quotidiane. Il progetto si muoveva sul confine tra percezione e materia, coinvolgendo i visitatori in un percorso sensoriale in continua trasformazione.
A Portanuova, lo studio Evastomper ha immaginato una “Vertical Connection” tra cielo e terra, realizzando una struttura percorribile in altezza che fondeva materiali organici, superfici interattive e intelligenza artificiale. L’installazione non solo invitava a un’esplorazione fisica, ma proponeva anche una riflessione sul rapporto fra città, natura e tecnologia.
Nel cortile dell’Università Statale, il designer Piero Lissoni ha evocato l’esperienza della navigazione silenziosa con “Wind Labyrinth”, un labirinto costruito con vele riciclate che danzavano nel vento, creando giochi di luce e ombra. Camminare in questo spazio era come attraversare una metafora del viaggio interiore e dell’orientamento esistenziale.
Un’altra proposta di grande impatto visivo è stata “Hyper Portal” di Michela Picchi per glo™, che al Palazzo Moscova ha trasformato l’architettura in un portale psichedelico tra reale e immaginario. Ispirata all’arte pop e al surrealismo, l’installazione esplorava lo spostamento percettivo attraverso cromatismi accesi, illusioni ottiche e dispositivi invisibili al controllo visivo.
Nel Brera Design District, American Express ha presentato un “Digital Garden” che univa natura e tecnologia in un’ambientazione da sogno. Tra pareti vegetali, luci soffuse e dispositivi LED, il giardino diventava uno spazio contemplativo e rigenerante, un’oasi per riflettere sulla coesistenza tra ambiente naturale e cultura digitale.
MUJI, invece, ha offerto una visione intimista con “Una Mini-Casa Manifesto” progettata dallo studio francese 5.5: un micro-abitacolo ispirato all’architettura giapponese, costruito con materiali sostenibili e pensato per rispondere ai bisogni della vita urbana contemporanea. Più che una casa, un simbolo di equilibrio tra spazio, funzione e pace interiore.
Alla Triennale di Milano, l’esposizione “Material Alchemists” ha dato spazio a una nuova generazione di designer internazionali che lavorano sulla trasformazione radicale dei materiali: plastica rigenerata, carta pressata, rafia, corda e compositi vegetali si sono trasformati in oggetti poetici e potenti, frutto di una ricerca tanto estetica quanto etica.
Gucci ha riportato al centro del discorso il bambù, materiale storico del brand, con “Bamboo Encounters” nei chiostri di San Simpliciano: una serie di installazioni artistiche, progettate da diversi autori, che riflettevano su sostenibilità e tradizione attraverso sculture e ambienti immersivi.
Infine, al Palazzo Serbelloni, Louis Vuitton ha proposto una nuova edizione degli “Objets Nomades”: arredi-scultura che uniscono lusso e funzionalità, come il giradischi floreale o il flipper futurista, dimostrando come l’artigianato d’eccellenza possa farsi linguaggio innovativo e giocoso.
Progetti che Ridefiniscono il Design Contemporaneo
Allo stesso modo, tra le centinaia di progetti presentati – dalle grandi maison del lusso ai giovani talenti emergenti – si sono delineate tendenze nette, nuove estetiche e, in alcuni casi, veri e propri manifesti progettuali. I brand più attenti hanno saputo intercettare i segnali deboli del cambiamento, investendo in narrazioni complesse, in collaborazioni trasversali, in linguaggi ibridi che fondono moda, architettura, design del prodotto e installazione artistica.
Il Design come Linguaggio Universale
In questa esplorazione articolata, ciò che colpisce di più è la capacità del design contemporaneo di superare i confini disciplinari, di contaminarsi, di farsi racconto e visione. Il pubblico lo ha capito bene: le code fuori dagli spazi più noti, la partecipazione agli incontri e ai talk, la vivacità dei social e delle piattaforme di racconto lo dimostrano. Anche la critica, solitamente più cauta, ha riconosciuto a questa edizione un valore speciale, grazie alla coerenza dei temi, alla qualità curatoriale e alla pluralità di voci che l’hanno animata.
Un Viaggio tra le Meraviglie del Fuorisalone
Da questo punto in avanti, il racconto si sofferma sui momenti più significativi che hanno animato il Fuorisalone 2025: installazioni artistiche, progetti visionari e interventi scenografici che hanno saputo raccogliere il consenso del pubblico e della critica. Senza cedere alla struttura dell’elenco, ma seguendo il ritmo naturale della narrazione, il testo prosegue con l’analisi dei progetti più applauditi, capaci di incarnare lo spirito dell’edizione 2025.
Tra questi, ha riscosso ampi consensi “Speak, Memory” di Casa Cabana, un’esposizione intima e toccante che rievoca i ricordi d’infanzia attraverso ceramiche, oggetti e lampade ispirati alla casa della fondatrice Martina Mondadori. L’allestimento, con la sua estetica calda e avvolgente, ha emozionato per la sua capacità di trasformare l’interior design in autobiografia.
Loewe ha stupito con una raffinata collezione di teiere d’artista, intitolata semplicemente “Teapots”, in cui venticinque autori internazionali hanno interpretato il rituale del tè attraverso materiali e forme inedite. Un esercizio di stile e cultura che ha messo in evidenza il dialogo tra design e gestualità quotidiana.
Ralph Lauren Home, dal canto suo, ha portato a Milano i colori e le atmosfere del Sud-Ovest americano con la collezione “Canyon Road”. Tra tappeti Navajo, mobili in legno scolpito e tessuti in tonalità desertiche, lo showroom milanese si è trasformato in un rifugio elegante e narrativo, dove ogni oggetto raccontava una storia.
Anche Hermès ha ricevuto ampi apprezzamenti per “Pivot d’Hermès”, una collezione di tavolini laterali disegnati da Tomás Alonso. La semplicità formale e l’equilibrio materico hanno conferito ai pezzi una bellezza senza tempo, in perfetto stile Hermès.
A catturare l’attenzione degli addetti ai lavori è stata anche l’esposizione “Material Alchemists” alla Triennale, già menzionata per le sue installazioni. Qui si è distinta anche come piattaforma di ricerca critica, dove il design assume un ruolo politico e sperimentale.
Il pubblico ha premiato con entusiasmo l’allestimento “Objets Nomades” di Louis Vuitton, con la sua fusione di lusso e gioco, così come “Bamboo Encounters” di Gucci, che ha saputo creare un’esperienza immersiva e multisensoriale partendo da un materiale storico rivisitato in chiave contemporanea.
Tra i progetti emergenti, vale la pena segnalare il contributo degli studenti del Politecnico di Milano, che nel cortile interno della Scuola del Design hanno allestito una serie di prototipi originali e ben congegnati, capaci di coniugare funzionalità, estetica e attenzione alla sostenibilità. I loro lavori non solo hanno attirato l’interesse di visitatori e professionisti, ma hanno anche dimostrato con forza come la dimensione accademica sia oggi un terreno fertile per l’innovazione progettuale.
Milano si congeda così da una settimana densa di stimoli e visioni, riconfermandosi come luogo in cui le idee si traducono in forme, gli spazi diventano narrazioni, e il design riafferma il suo ruolo di strumento critico e creativo per interpretare il mondo contemporaneo.
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