Memoria, visione e nuovi orizzonti del cinema italiano
Una celebrazione simbolica
Il 7 maggio 2025 il cinema italiano celebra una tappa simbolica e densa di significati: i David di Donatello giungono alla loro settantesima edizione. Una cifra che non è solo un numero, ma un traguardo, un archivio di visioni, una promessa di rinnovamento. La cerimonia si tiene negli studi di Cinecittà, il luogo mitico della nostra cinematografia, e si fa specchio del presente grazie alla conduzione brillante e calibrata di Elena Sofia Ricci e Mika: la prima, simbolo di eleganza e talento teatrale e cinematografico; il secondo, performer internazionale capace di restituire allo spettacolo una dimensione contemporanea e multilingue. La serata sarà trasmessa in diretta da Rai 1
Un anno di cinema molteplice
Quest’anno i David si presentano come una vera e propria mappa del cinema italiano attuale: una galassia di sguardi che ruotano attorno a cinque grandi poli creativi. I film con il maggior numero di candidature rappresentano anche i temi più vibranti del nostro presente: la memoria storica, l’identità femminile, l’utopia, l’educazione sentimentale e l’esplorazione della giovinezza.
Politica, poesia e biografie complesse
“Berlinguer – La grande ambizione” di Andrea Segre si impone come un’opera centrale: un ritratto non solo biografico ma esistenziale del celebre segretario del PCI, con un Elio Germano straordinario, capace di far emergere l’umanità dietro l’icona politica. Accanto a lui, un cast corale che arricchisce la narrazione con sfumature complesse, evitando la retorica e abbracciando la tensione poetica e politica di un’epoca.
Napoli, femminile e malinconia
Non meno incisiva è la proposta di Paolo Sorrentino, che con “Parthenope” torna nella sua Napoli, ma lo fa con uno sguardo disarmato, delicato, per raccontare una figura femminile inafferrabile e allo stesso tempo profondamente terrena. Celeste Dalla Porta, interprete sorprendente, dona al personaggio una malinconia luminosa, mentre Silvio Orlando regala uno dei suoi ruoli più misurati e commoventi degli ultimi anni.
Visione e ribellione femminile
“L’arte della gioia”, firmato da Valeria Golino, porta sul grande schermo la complessità di Goliarda Sapienza. Il romanzo fiume diventa un film di potenza visionaria, dove Tecla Insolia interpreta Modesta con una gamma emotiva da attrice navigata. Accanto a lei, un ensemble femminile che include Valeria Bruni Tedeschi e Jasmine Trinca, in una narrazione che fonde desiderio, politica e ribellione.
Madri, figlie e silenzi
“Vermiglio”, opera intensa di Maura Delpero, racconta invece il mondo da una prospettiva periferica e interiore: una madre e una figlia che si affrontano e si riconoscono nel silenzio di un’Italia sospesa. Il volto scavato di Tommaso Ragno e la delicatezza di Martina Scrinzi disegnano una parabola che parla a chiunque abbia vissuto l’inquietudine del non detto.
Il tempo come trauma e guarigione
A queste opere si aggiunge “Il tempo che ci vuole” di Francesca Comencini, uno dei film più sottili e intelligenti dell’anno: un’indagine sulla fragilità maschile, sul tempo come trauma e rivelazione, con un Fabrizio Gifuni di assoluta profondità interpretativa e una Romana Maggiora Vergano che conferma il suo talento in crescita.
La forza dei nuovi sguardi
Ma il 2025 non è solo l’anno della maturità cinematografica. È anche l’anno dei nuovi sguardi. I registi esordienti candidati hanno dimostrato una sorprendente varietà di linguaggi. Gianluca Santoni, con “Io e il Secco”, esplora l’adolescenza con una leggerezza che non rinuncia al dramma; Margherita Vicario, alla sua prima regia con “Gloria!”, dimostra un gusto visivo e narrativo che fonde musicalità e satira sociale; Edgardo Pistone, in “Ciao bambino”, sceglie la via del realismo poetico per parlare di perdita e resilienza; Loris Lai e Neri Marcorè completano il quadro con opere di spessore etico e stilistico.
Il valore del casting
L’edizione di quest’anno introduce anche una novità significativa: il premio per il miglior casting. Finalmente riconosciuta la centralità del lavoro dei casting director, veri e propri architetti dell’equilibrio interpretativo di un’opera. È una scelta che segna un passo avanti nella valorizzazione del lavoro collettivo del cinema.
Le attrici protagoniste
Tra le attrici, a contendersi la statuetta per la miglior protagonista troviamo Barbara Ronchi, che in “Familia” costruisce un personaggio materno e nevrotico di rara intensità; Romana Maggiora Vergano, elegante e complessa; Tecla Insolia, potente ed evocativa; Celeste Dalla Porta, misteriosa e ipnotica; e Martina Scrinzi, che con pochi gesti racconta una tempesta emotiva.
Gli attori protagonisti
Gli attori protagonisti offrono a loro volta uno spaccato della ricchezza interpretativa italiana: da Elio Germano, vero camaleonte del nostro cinema, a Tommaso Ragno, volto sempre più presente nei ruoli di spessore; passando per Francesco Gheghi, giovane talento in rapida ascesa; Fabrizio Gifuni, monumentale; fino a Silvio Orlando, che con la maturità ha affinato un minimalismo recitativo di grande efficacia.
I volti del cambiamento
Il David al miglior attore e alla miglior attrice non protagonista potrebbe riservare sorprese: se da un lato nomi esperti come Geppi Cucciari e Valeria Bruni Tedeschi sembrano favoriti, dall’altro le candidature di giovani interpreti – come Tecla Insolia, che appare in entrambe le categorie – segnalano un desiderio di rinnovamento e pluralità.
Il documentario come cinema d’autore
Il cinema documentario, spesso relegato ai margini, vive quest’anno una stagione d’oro, con opere che trattano la realtà senza retorica. Il premio Cecilia Mangini per il miglior documentario sarà combattuto: film sul Mediterraneo, sull’attivismo climatico, sulle comunità dimenticate mostrano quanto il documentario oggi sia una vera forma di cinema d’autore.
Cinema come specchio del presente
In un’Italia che fatica a trovare un’identità politica e culturale stabile, il cinema sembra colmare questo vuoto offrendo una narrazione plurale, divergente, stratificata. I David 2025 non sono solo un premio: sono uno specchio che riflette ciò che siamo e ciò che potremmo diventare.
Un cinema che osa
A tratti elegiaci, a tratti graffianti, i film di questa edizione parlano di solitudini, di memorie rimosse, di desideri indicibili e di visioni condivise. Alcuni raccontano l’infanzia come uno spazio di formazione, altri la vecchiaia come esercizio di consapevolezza. C’è un filo rosso che lega queste opere: la volontà di non accontentarsi del visibile.
Un’eredità luminosa
E forse è proprio questo il lascito più potente dei David di Donatello 2025. Un’edizione che non cerca solo di premiare il migliore, ma che tenta di restituire al cinema italiano il coraggio di raccontarsi nella sua interezza, tra luci e ombre, tra continuità e rottura.
Quando si spegneranno le luci di Cinecittà, resteranno i volti, le parole, i corpi in movimento, i paesaggi, le musiche e i silenzi che questi film ci hanno regalato. E sarà lì, in quella memoria viva, che si compirà davvero il cinema.
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